La classifica è rimasta la stessa, ma la consolazione stavolta, rimarca il rimpianto. Quello di un secondo posto solitario mancato, per la solita partita cominciata con un vantaggio e finita con un pareggio. Il problema non è però di risultato o di dinamica, stavolta è più profondo. Quasi un malessere che potrebbe trasformarsi in malattia se non viene preso per tempo. Questo non è infatti l’Arezzo di sempre, quello vincente, costruito con fatica da Galderisi, sostanzialmente reimpostato sul gioco da “palla prigioniera” del predecessore.
L’Arezzo che difendevano solo i Gazzettieri, che certo faceva discutere, ma era vivo: sapeva segnare, graffiare e migliorarsi fino ad arrivare alle spalle del Novara.
Questa, quella di ieri, è una formazione in involuzione mentale e fisica, che gioca un secondo tempo a “palla avvelenata”, senza un tiro in porta, senza un’idea, zero accelerazioni con la quinta marcia sotto i calzettoni (di tutti). C’era anche il Perugia, è vero, che ha fatto la sua “porca figura”, ma ormai quella è una squadra fuori da tutto, che nella ripresa ha fatto importante presenza, ma senza strafare. Era l’Arezzo che non c’era, non ha affondato, è apparso senza risorse.
Spostiamo dunque le valutazioni su questa partita in chiave play off: agli spareggi l’Arezzo ormai andrà ed è un grande traguardo, solo che con un rendimento e con prestazioni così al Comunale (le ultime), servirà a poco guadagnarsi il secondo o terzo posto per avere un vantaggio “in casa”. Gli amaranto sono diventati ormai un complesso da trasferta. Una metamorfosi rivoluzionaria, quasi impensabile: ma questo dicono i risultati e le prestazioni. Certo, l’ultima partita servirà comunque a ben poco. La condizione dell’Arezzo col piglio da grande squadra,dura infatti venti minuti. Poi il Cavallino si affloscia, quasi si spegne. Non c’entra nulla la fase difensiva, è anzi l’aggressività, il ritmo che viene meno. A preoccupare sono le poche palle gol collezionate, l’atteggiamento compassato, quasi grigio mostrato ieri. Una squadra che sembra aver perso il sorriso, la gioia di provare a metterla dentro. Questo Arezzo così sparagnino, insomma,non ci piace. Ridateci quello champagne, che prenderà pure qualche gol di troppo,ma ha chiara la sua personalità, chi è e dove vuole andare. Un Arezzo che qualche volta trova anche nell’incoscienza la sua forza a dispetto di una cocciuta ricerca di un ripiego che non paga,anzi spaventa, confonde le idee, manda tutto il gruppo in crisi di identità. C’è tempo per fortuna per riparare, per ritrovare un po’ di birra, quella quinta marcia perduta. Perché se ai play off va la squadra di ieri, c’è da preoccuparsi. E parecchio. Il silenzio,anche quello della prossima settimana, aiuterà a capire. Senza tormenti però. Ridateci quell’altro Arezzo, questo impaurito, pavido, così poco Gazzettiere, non ha futuro.
Federico Sciurpa
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