Pd, lo scontro per non prendersi in giro

C’è un partito, il Pd, che dà segnali pericolosamente contraddittori. Tanto incoerenti da far girare la testa ai suoi elettori, che proprio un pugno non sono e che al partito nuovo ci credevano davvero. Ma il partito delle primarie - il neo governatore della Regione cioè non considera Vincenzo Ceccarelli per la nuova giunta. Fuori l’aretino, il più votato della Toscana alle primarie e - come se non bastassero i voti - uno dei migliori amministratori che il centrosinistra ha espresso negli ultimi anni. L’ex presidente della Provincia di Arezzo, assessore regionale “in pectore”, farà dunque il consigliere a Firenze, ruolo “semplice” che il Pd aretino non ha accettato da zerbino di oscure (si fa per dire) scelte regionali. Marco Meacci, il segretario provinciale, ha dimostrato nell’occasione di essere uno foderato.
Dirigente di poche parole, parecchi fatti e idee chiare, compassato sì, ma tanto deciso nel capire che questa scelta è troppo ingiusta per poterla mediare con i retrivi meccanismi di segreteria, da Prima Repubblica, per di più. Troppo incoerente è la scelta di Rossi e la posizione del Pd regionale rispetto a due criteri sbandierati con eccessiva disinvoltura e frustrati nei fatti: la meritocrazia (le capacità, cioè) e il rispetto delle indicazioni delle primarie.

Coerente la risposta della direzione aretina che si sospende gridando all’affronto a un intero territorio.
C’è infatti così tanto di politico in questa storia e in realtà così poco. Arezzo, la sua provincia, è ormai da anni emarginata nella giunta regionale. Vincenzo Ceccarelli, presidente della Provincia per dieci anni, uomo unanimamente apprezzato, aveva certo i numeri per riportare questa parte di Toscana a Firenze dalla porta principale. Parliamo dell’Arezzo delle aziende che non ce la fanno più, di quelle che investono nel mondo e chiedono risposte, dell’universo delle associazioni e delle categorie in generale, la provincia di un sistema produttivo in crisi ma che ha le energie per risalire nonostante - mettiamocelo - infrastrutture che fanno acqua.
Arezzo ha pagato, in questo, anni di assenza in giunta regionale. E continuerà a subire.
Anche con argomentazioni che puzzano di arroganza (“La giunta la fa il presidente”, e chi?) e lasciano più di un sospetto che le scelte siano condizionate da quelle stesse logiche che il “nuovo” partito dice invece di combattere.
La lezione del Pd aretino, in questo senso, è l’unica cosa nuova che abbiamo visto in un Pd vecchio, quasi incatenato a vecchie logiche di potere. Nè convince il richiamo alla sobrietà del segretario regionale Manciulli. Il Pd aretino crediamo non fosse sbronzo quando ha portato 700 invitati alla cena elettorale del Centro Affari con Enrico Rossi, non lo è certo dopo una autosospensione per una scelta che si comprende solo se letta con schemi ormai logori. Persa l’opportunità Ceccarelli - uno di personalità e preparato che sa anche battere i pugni sul tavolo con lealtà - a questo territorio resta adesso ben poco. La richiesta di una maggiore presenza della Regione nell’Aretino, un dialogo su basi nuove e più attente; sì, va bene, proposte “in corner”. La partita, per tutti, è irrimediabilmente persa. Il campionato però, è appena cominciato.
Federico Sciurpa

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