Lavoro, stavolta l'esempio lo dà un giocatore

AREZZO - Luca Mezzano merita “due righe” in cronaca. E non perché ieri il dottor Giusti lo ha operato in artroscopia al Poggio del Sole. Il difensore dell’Arezzo, 32 anni, quasi 250 partite fra i professionisti, una Coppa Uefa con l’Inter, ha deciso di rinunciare allo stipendio. E’ indisponibile da ottobre e per un altro mese e mezzo di tornare non se ne parla: così ha detto alla società di tenersi i suoi soldi.
Se ne ridiscuterà a fine stagione quando, se starà bene, il giocatore ha l’assicurazione del direttore Franco Ceravolo per stipulare il contratto di un altro anno col Cavallino.
Il mondo dorato, strapagato, anche gonfiato del pallone, anche qui da noi diventa più umano. In fondo c’è sul serio chi non si spaventa a guadagnare come gli operai, chi crede a un pallone dagli stipendi umani; esiste ancora chi sa compiere gesti di alto valore educativo, morale se vogliamo, che di certo stravolgono le consuetudini. Sono soprattutto i giocatori più avanti con gli anni - in generale - quelli che tendono a impegnarsi di meno ma ad incassare tutti i quattrini contrattati in estate.
Mezzano ha dimostrato che si può anche giocare in contropiede in questi tempi di crisi, con senso realistico, etico: tenetevi i miei soldi - questo il punto - perché non gioco da mesi, e se vi va datemi una opportunità a fine stagione per un altro contratto.
Discorsetto da uomini. Veri. Come lo fu Cristiano Lucarelli che per amore del Livorno rinunciò a un contratto (il doppio prendeva) col Torino. Da qui il libro, fortunato “Tenetevi il miliardo” che “Ala sinistra” Lucarelli ha scritto con fortuna con Carlo Pallavicino.
Damiano Tommasi per dimostrare di essere ancora un giocatore, proprio come Mezzano, nel 2005 si mise al minimo di stipendio (serie A con la Roma) perché seriamente infortunato. 1500 euro al mese per il centrocampista (anche della Nazionale) e la certezza di aveve una occasione, un lavoro, un posto negli allenamenti con la Roma, una volta ristabilito.
Strafamoso il caso di Fernardo Redondo. L’ex stella del Real Madrid rinunciò a quasi 5 milioni di euro l’anno col Milan per via di tre interventi chirurgici. In attesa di tornare abile, l’argentino voleva consegnare a Galliani anche l’auto e la macchina che gli erano state date dal Milan (proposta rifiutata).
La professionalità ha insomma un peso e una morale. E nel calcio per fortuna c’è chi comincia a mettersi al passo con i tempi.
Il presidente dell’Arezzo Piero Mancini che di dipendenti ne ha 2mila in varie aziende, di sicuro fra i più pagati avrà quelli del calcio.
“Sull’episodio specifico di Mezzano - spiega il presidente - non posso esprimermi perché gestito direttamente dal direttore Ceravolo. Ciò che posso dire che i costi gestionali del calcio sono altissimi e “il lavoro”, per così dire, incide moltissimo come voce. Se poi ti trovi tre o quattro infortunati per un periodo molto lungo come succede a noi, la situazione diventa pesante con uomini da recuperare e altri ancora da inserire in rosa necessariamente. Il calcio ha bisogno di gesti morali, certo. Di mettersi in linea con altre professioni, con altre gestioni aziendali.”
Chiaro e limpido. Il gesto di Mezzano in questo senso vale e, una volta tanto, è il nostro pallone che dà un esempio al mondo del lavoro. Ne sentivamo davvero la mancanza.
Federico Sciurpa

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