Zitti e mosca. Coperti. C’era la consegna del silenzio attorno alle manovre sull’ex area Lebole. Affitto a Stefan del capannone (320mila euro l’anno e opzione d’acquisto) per l’ingrosso “cash and carry” che si trasforma in dettaglio (sgamato da Confesercenti), una proposta alternativa di una cordata locale (Butali e Giannetti, i nomi li fa il Corriere, “c'est plus facile”) e un’altra offerta ancora da parte di professionisti che intendono rilanciare e gestire l’area. Anche per questa notizia, pensiamo noi.
C’è una bella partita laggiù dove le sarte aretine un tempo hanno fatto scuola e poi non c’è cresciuto più niente. Rabbia, desolazione. Sogni e tanti discorsi.
D’altra parte non è possibile farci crescere niente laggiù, non si può. Prendere quell’area significa, ad oggi, farci nulla. Solo ingrosso. Becciani e Carrara - i proprietari che comprarono da Marzotto nel 2001 cavando dalle saccocce 27 miliardi di lire - cominciano a capire che lo sforzo richiesto allora dagli amici di Ascom (con in testa il direttore Marinoni, un acquisto per evitare che l’area finisse a Morrison col suo mega outlet) non è molto produttivo. E si corre anche il rischio di spazientirsi. Anche perché tutte le offerte che arrivano ai proprietari sono viziate da una timidezza di fondo degli acquirenti: quello del vincolo dei 10mila metri quadrati e non più da destinare al commerciale in un’area complessiva di 90mila metri quadrati. Ma d’altra parte quello è il paletto, la cornice se preferite, che proprio i commercianti hanno infilato sulla vicenda per mettersi al sicuro da una concorrenza che potrebbe metterli in ginocchio. E la stessa Confcommercio regista dell’operazione Becciani-Carrara, è nella società (si chiama Arezzo City) che gestirà le future attività dell’area. Quali attività, di chi e quando verranno avviate, in questo momento è davvero un mistero. Anzi siamo tornati all’anno zero dopo qualche fuga, un po’ spregiudicata, in avanti. Ma d’altra parte questa partita si doveva giocare senza occhi indiscreti, senza tribune, proprio senza pubblico. E invece no. E’ una partita alla luce del sole, tristemente aperta. Perché è una partita nel nome e negli interessi di Arezzo.
Federico Sciurpa
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