Babbo Natale, chiediamo un po' di più


Venerdì è Natale. Proviamo a sbrigarci con la lettera. Innanzitutto un trenino. Serve a tutti, piace, anche alle donne. A Roma ormai, più che andarci, tocca anche dormirci. Basta perdere, facilissimo, l’ultimo desolato Intercity per Arezzo. Firenze regge ancora qualche botta. Ma solo con le toppe della Regione e il gioco per i nostri pendolari alla lunga non va, non regge, non funziona.
Vorremmo una scatola. Per giocare al lavoro. Né meccanico, né piccolo chimico, infermiere o costruttore, come li vendevano una volta: un lavoro che sia uno. Gira l’anno e bene che vada in tante aziende aretine viene rinnovata la cassa integrazione. O si passa alla mobilità. Oppure si chiude. E purtroppo non per gioco.
Vorremmo un pupazzo. Da interrogare sempre, tutto il prossimo anno. Uno che sta fra gli aretini, dà risposte, vede i cittadini tutti uguali invece che tutti “amici”. Uno che dà una sola per ogni argomento. Di soluzione, se gli riesce. Un pupazzo vero, che non apre bottega per le primarie e poi chiude, che non sta lì solo per un pugno di voti da sindaco per poi sparire. Uno che se la suda, i problemi li tocca, li vive e se serve s’incazza.
Ci porti, Babbo Natale, qualche posto in meno alla mensa di Natale fatta per chi un pasto non ce l’ha nemmeno quel giorno. E ci tolga la retorica, tremendamente realista, della pagina dell’Altro Natale che dobbiamo redigere tutti gli anni; col sogno di non vederla più. Forse basterà solo svegliarci, un po’ per giorno. Tanto per iniziare affrontando le tematiche delle politiche sociali per il bavero, senza attese. Amnesie. E’ nobile risparmiare sui botti di Capodanno per dare i soldi a chi non ha da mangiare, ma non basta.
Chiediamo più dello scorso anno, è vero. Ma l’evento è davvero straordinario: comincia in una stalla e finisce con i chiodi in una croce. L’unico, grandioso senso , del Natale.
Federico Sciurpa

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