lettera aperta all'anno nuovo



Caro Nuovo Anno. Il maiuscolo è dovuto alle grandi aspettative. La tua vita infatti, la desideriamo vedere finire con una esclamazione. “Ricordi il 2010? Che anno, quello lì”. Un sogno. Ma all’inizio si fa così. E’ sempre così. Sappiamo bene d’altra parte, che non si può chiedere tutto. E che più difficile ancora, sarà ottenerlo. Vorremo però, che tu, Nuovo, ci togliessi dai piedi qualche dubbio che il tuo collega, un 2004 un po’ carognetta, ci ha lasciato. Ne elenchiamo solo un po’, di quelli leggeri. Forse fatui. In maniera da risolverli anche il primo mese. La cultura, le politiche sociali prima di tutto.
 E’ il nostro disco incantato. Rivedremo mai un Festival che porti il nome di Arezzo nel mondo (e Arezzo Wave non era nè per i ragazzi di destra e nemmeno per quelli di sinistra)? Se no, il replicante minimalista del Festival di Valenti, Play Art, riuscirà a diventare più aretino col coinvolgimento dei ragazzi delle associazioni, quelli dei festival belli e poveri tanto per intenderci? Oppure, meglio ancora: si ricomincerà quest’estate con un festival nuovo di zecca, che riparta da zero veramente, con protagonisti aretini; suoni musica, incanti con poesia e letteratura, ci parli di cinema e porti gli artisti per strada? Noi inquieti, un po’ ribelli vero, dovremmo metterci l’anima in pace. Ma tu Nuovo devi capirci: qui non c’è più un teatro, non si può fare una stagione degna, nemmeno un concerto che tiri (anche perché allo stadio non è possibile); siamo in picchiata dopo anni di medaglie e anche un po’ d’invidia da parte di molte città. La colpa non è del 2004, ma perfino dei colleghi addietro e l’auspicio, Nuovo che arrivi, è che il Petrarca con i primi soldini apra le porte ai lavori già in Primavera e che per questa estate gli assessori abbiano un progetto concreto per le politiche giovanili che partono dal basso. Vero, abbiamo tralasciato i marciapiede attanagliati dal ghiaccio, gli ingorghetti in centro quando si fa qualcosa, due posti in più o in meno per parcheggiare alla Cadorna. Non volevamo chiedere troppo. Abbiamo scelto e scegliere è rinunciare.

Federico Sciurpa

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