Una sola notizia, tanto rumore
La notizia è questa e ha fatto il giro d’Italia pubblicata in esclusiva dal Corriere di Arezzo: Felice D’Alessandro, condannato a 14 anni per l’omicidio Gorgai del quale continua a proclamarsi innocente, evade dopo 18 mesi di reclusione (1975) dal carcere di Arezzo e dopo 28 (da latitante) ottiene la cancellazione della pena come previsto dalle leggi della nostra Democrazia. Ottiene anche di farsi chiamare Rolando, nome col quale è conosciuto nella sua “seconda vita” trascorsa prevalentemente a Barcellona, invece che Felice. Una identità riconosciuta dalla Prefettura. Rolando D’Alessandro qualche giorno fa porta in Comune, ricevuto dal presidente del consiglio comunale, le firme di una petizione, raccolte in Spagna, nella quale si chiede la rimozione dall’atrio del liceo classico della targa al legionario fascista Vittorino Ceccherelli. Nella lapide c’è scritto solo: caduto in Spagna.
Non si capisce da quale parte. Chi ricerca sa che quella targa è stata posta dal Regime negli anni Quaranta e che lo stesso regime, per quel sacrificio, assegnò a Ceccherelli la medaglia d’oro al valor militare.
Il Corriere parla da mesi di questa vicenda (ospitando i pareri di tutti) che è un dibattito di civiltà della società aretina, di riconoscimento di responsabilità storiche, atroci ,negate e un momento di confronto anche politico che approda e approderà in consiglio comunale e provinciale. Quella targa lì, così come è, non va, non funziona. Le firme vengono consegnate ad Arezzo dal rappresentante spagnolo dell’associazione che le ha promosse. Sono autografi di casalinghe, professori universitari, studenti, operai. Decine di firme. Le porta Rolando D’Alessandro e solo dopo che il Corriere rivela la sua condanna (ora prescritta, è cittadino libero) c’è anche chi si accorge dell’esistenza delle firme dopo settimane di amnesie. Però, come dire, “mani sporche” quelle che l’hanno consegnate, quindi firme senza valore anche storico e morale (legale già non lo avevano). Ergo D’Alessandro (a saperlo del suo passato…) non sarebbe stato ricevuto, un altro sì, e quella petizione allora sarebbe stata più giusta del mondo. Ma la storia esiste. Galeazzo Ciano, ministro degli esteri del governo fascista, scrive nel suo diario che “la verità sui bombardamenti di Barcellona è che li ha ordinati Mussolini a Valle, alla Camera, pochi minuti prima di pronunciare il discorso per l’Austria. Franco non ne sapeva niente e chiede di sospenderli temendo complicazioni con l’estero”. Secondo Ciano Mussolini si “dichiara lieto che gli italiani riescano a destare orrore per la loro aggressività anziché compiacimento come mandolinisti”.
Arrigo Petacco in “Viva la Muerte”, spiega che Barcellona “fu investita da bombardamenti indiscriminati al confronto dei quali quello di Guernica fece sorridere.” Ciano nel diario annota un “bombardamento terrorizzante: palazzi polverizzati traffico interrotto, panico che diventa follia: 500 morti, 1500 feriti.”
Fermiamoci qui. Era il marzo 1938, Ceccherelli non c’era più. Aveva già operato. Vanno rispettati gli ideali di tutti e chi ha il coraggio di morirci, così i ricordi, le lapidi: a maggior ragione le responsabilità (il governo Spagnolo, fra l’altro, era stato democraticamente eletto) assenti in quella lapide del regime in una scuola che deve insegnare la storia.
Il sindaco avvocato di Arezzo e il consiglio comunale, non aspettino altri settant’anni. Basterà il tempo per riprendersi dallo “scandalo” (pareri) di un giorno. Da leggere sul Corriere.
Federico Sciurpa
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