Il gioco di copertura di Piero Mancini

Tutti a dire che è una mossa disperata. Di più: che i numeri del circo sono davvero al completo e che questa trovata non si capisce. No, si capisce benissimo. Una mossa in puro stile Mancini, ispirata esclusivamente alla complicata politica interna, dove la partita di domenica c’entra solo in piccolissima parte, tanto esigue sono le possibilità di riuscire con la Cremonese e poi, nel caso, nel doppio confronto di finale con Varese o Benevento. Un miracolo.

Il presidente sceglie la strada di richiamare Galderisi proprio perché giudica ormai andata questa stagione.
La realtà, la “realpolitik” manciniana, rovescia infatti tutto ciò che in apparenza è visibile. L’obiettivo non è tanto domenica sera, ma lunedì mattina. Quando cominceranno i processini e poi bisognerà pensare a cavare i soldi per la prossima stagione dopo averne spesi nella gestione – parecchi – in questa che saluta.
Quello che succede all’Arezzo è tutto sbagliato e, purtroppo, non si può rifare. Leo Semplici – che ci sta sinceramente a cuore anche se non condividiamo il suo calcio e che è una mezza vittima del “sistema” – andava infatti esonerato alla prima giornata e non qualcuna dopo, per poi essere farsescamente richiamato a tre dalla fine (ne invocavamo un terzo, con opzione per la B, chiaramente). L’ex della figlinese non era l’allenatore di Ceravolo (fu scelto in precedenza da Sili) e questa contraddizione ha pesato per tutta la stagione. Perché insistere testardamente, quasi con ostinazione?
Richiamare oggi Galderisi - non tanto per la B o per l’idiozia dell’opzione per il prossimo campionato – significa soltanto coinvolgere Ceravolo nell’assumersi responsabilità nel fallimento (e non nella gloria) di questa annata, altrimenti imputabile al solo presidente e cooptarlo per una soluzione societaria futura (l’ex braccio destro di Luciano Moggi ha cinque anni contratto, nero su bianco).
Il ritorno di Leo Semplici era infatti una “trovata” inguardabile del Mancini per delegittimare Franco Ceravolo, l’allenatore che l’ex osservatore della Juve non voleva.
Fatta la scelta sbagliata, il presidente dell’Arezzo si trova ora a mescolare le carte, a giocare su più tavoli per cedere la società a Ceravolo e amici, o altra cordata. La stagione che – salvo miracoli – va in archivio, è stata infatti molto dispendiosa sotto l’aspetto gestionale (questo sarà un tema che presto affroneremo). E nulla ha lasciato sotto il profilo dell’investimento, almeno rispetto alle precedenti. Né un Abbruscato, né un Floro, né un Martinetti (ma basterebbe molto meno) da vendere per recuperare l’insuccesso.
La Prima divisione infatti, rincorrendo il calcio che conta dalla B in su, o si fa per presenza e valorizzazione di qualche singolo (leggi Figlinese), oppure per sognare. Il campionato di alto profilo significa spendere soldi, tanti, col rischio calcolato di non riuscire. Quello che, al 95 per cento, sta accadendo al Arezzo. Ed allora? Mescoliamo le carte, illudiamo Galderisi aspettando la prossima “sbroccata” in sala stampa, e coinvolgiamo Ceravolo nell’assunzione di colpe. Aspettando un acquirente. Questo, e non altri, sarà il tema delle prossime settimane. Da lunedì in poi. Domenica, Nanu, Semplici, i bla bla bla, sono solo acqua passata. Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto. Domandiamoci che fine farà l’Arezzo. E stiamo tutti svegli. Sveglissimi. Non guardate i fumogeni, illudono e addormentano. La realtà è davvero un’altra.
Federico Sciurpa

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