Si gioca il derby Perugia-Arezzo. Da più di trent'anni gli dicono così, “derby”, e nessuno - tranne aretini e perugini - capisce perché. C’è il derby d’Italia, quello dello Stretto, il derby del Sole, quello dell’Appennino e perfino delle Due Sicilie: ognuno si costruisce il suo di derby, fuori dalla rivalità cittadina e regionale. Quasi una malattia inventarselo, cercarlo fra i vicini, e sempre per qualche cosa, un motivo, che nulla ha a che fare con storie di calcio. Questo invece no, è un derby unico in Italia.
E nasce solo ed esclusivamente per motivi di pallone. Strano sì, ma “puro”. Ha origine da uno sgarro, perché fino all’11 maggio 1975, Perugia-Arezzo (che ora si chiama solo derby) era una partita qualsiasi.Una delle tante. Perfino buoni amici aretini e perugini. Poi quella domenica l’incomprensione che ha diviso per sempre due città, anche unite nel nome del pallone. Sgambetto che costò caro all’Arezzo, che poi negli anni si è vendicato con gli interessi. Successe che nel 1974 il giovane presidente dell’Arezzo Luigi Montaini, scomparso pochi anni fa, salvò personalmente - ma nel nome dell’Arezzo - il Perugia dalla retrocessione. Con la sua testimonianza tirò fuori infatti il Perugia dall’accusa di tentativo di illecito. La società biancorossa era finita nei guai perché a Parma - ultima di campionato e miracolo salvezza col 2 a 0 di Scarpa - fu ritrovata una valigetta con venti milioni dentro. Quei soldi, secondo l'accusa del giudice sportivo, servivano al Perugia per comprare la partita. Montaini - gran cuore, buon vicinato e un fiuto non comune per gli affari - andò a testimoniare di trovarsi lui stesso a mangiare col presunto intermediario perugino e che quindi quei soldi, con quella partita del Perugia, nulla ci azzeccavano. Fu creduto, presentando tanto di ricevute della “colazione”. Il Perugia si salvò, ma quel credito l’Arezzo e Montaini non lo riscossero mai. Anzi. Il destino cinico e baro volle che la stagione successiva fosse l’Arezzo ad aver bisogno di due punti per salvarsi, col Perugia avviato invece alla promozione in serie A. E’ la stagione 1974-‘75 e la partita si gioca al Santa Giuliana di Perugia col grifone dei miracoli di Ilario Castagner, l’11 maggio appunto. L’Arezzo perse. Una sconfitta che gli costò la retrocessione in C1. Qualcosa di strano successe. La partita cominciò bene per l'Arezzo: vantaggio, ma durò poco e la sfida finì 3 a 2. Negli spogliatoi apriti cielo. I biancorossi accusarono qualche giocatore aretino di atteggiamento provocatorio, ma in sostanza il "favore" non fu restituito. Così Perugia in serie A e Arezzo in C1. Nasce il derby. Rancori e sete di vendetta. Due squadre destinate, forse, a non rivedersi più. Forse. Poi il calcio, metafora della vita, aspetta undici anni per rimettere di fronte i “cugini”. Siamo ancora a Perugia, come quell’11 maggio 1975, sempre in B, stavolta al Curi. E’ il 1986, 15 giugno e al Pian di Massiano piove. E’ il Perugia questa volta ad aver bisogno di una vittoria per salvarsi. Invece Ugolotti e Facchini firmano il 2 a 0 amaranto e mandano di sotto il Grifo. La Lega fece il resto con la condanna del grifone in serie C2. Sembra una leggenda, una storiella da raccontare davanti al camino ai nipoti. Tanti lo fanno ancora e tramandano una realtà. Un derby unico in Italia nasce così, per un pallone. Senza metterci in mezzo Guelfi e Ghibellini, tirarci dentro rivalità inesistenti fra due città e due modi di vivere diversi, senza pregiudizi per i suoi uomini (basti pensare a quanto è amato ad Arezzo il perugino Serse Cosmi). Perugia-Arezzo è bello anche per questo. Un derby unico in Italia; nel nome di un pallone.
Federico Sciurpa
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