Ceravolo e Semplici separati in casa



Forse non si sono mai amati, di certo non si sono scelti. Negli ultimi tempi si sopportano appena. Da ieri sera Franco Ceravolo, il direttore sportivo dell’Arezzo e l’allenatore Leonardo Semplici, sono separati in casa. Succede tutto alla fine di una partita giocata male dall’Arezzo, ma vinta ancora in “zona Semplici”, all’ultimo assalto. Ceravolo viene in sala stampa e rilascia la dichiarazione spontanea per spiegare che non andrà al Napoli. “La partita? Per carità (esclamazione eloquente sul modo col quale l’Arezzo ha giocato ndr). Non sono venuto a parlare della partita” afferma laconico il diesse. Un giudizio negativo sul modo di interpretare la sfida da parte dell’Arezzo - risultato a parte, questo è ovvio - che viene girato all’allenatore dai cronisti qualche minuto dopo. “Vorrà dire - risponde duro Leonardo Semplici riferendosi alle dichiarazioni di Ceravolo - che si porterà i fazzolettini per le lacrime.”

Scontro aspro. Frontale. Mai visto in termini così aperti e malcelati nel passato. Oddio, ad Arezzo ormai uno ci ha fatto il callo col presidente che di tecnici ne ha scaraventati via diversi, non prima però che questi abbiano rotto con i suoi fidati direttori. Due esempi emblematici: Gustinetti esonerato perchè ormai ai ferri corti con Pieroni e Somma (nemmeno lui fu risparmiato) segato appena si era logorato il rapporto con Fioretti, il quale aveva avuto il gusto di offrirgli l’opportunità di diventare tecnico vincente. Alla base delle fortune di un tecnico ci sono ovviamente i risultati e quelli salvano oggi Semplici, l’allenatore che si vocifera consigliato a Mancini da Giuliano Sili e arrivato ad Arezzo in anticipo rispetto al direttore, scelta successiva, che poi ha fatto tutta la squadra. Semplici ha messo insieme quattro vittorie, tutte in casa, oggettivamente senza mai convincere, come ieri. Decisivi i gol sui titoli di coda o “apriscatole” all’ultimo istante del primo tempo. Un po’ di confusione per il resto sull’identità da dare a una squadra che alla lunga appare improbabile con cinque difensori (ieri a turno Figliomeni e Mezzano marcavano se stessi) e il “meglio pezzo” che è Erpen (poi decisivo sul ripensamento della bocciatura) in panchina. Un Arezzo che poi fuori casa le ha perse tutte e che ci si augura si svegli a partire da domenica prossima a Foligno. L’augurio, vero, è che la frattura si ricomponga, parlandosi in faccia. Senza l’ipocrisia di far finta di niente o peggio, riportando un quietismo fuoriluogo, lontano dalla realtà, che nulla è capace di produrre se non altri equivoci. L’incrinatura è palese e - aggiungiamo noi - anche comprensibile. L’Arezzo è bello che vinca, ma quella di ieri è stata un’altra prestazione confusa, quasi arruffata sul piano dell’ordine e dell’identità, inutilmente difensiva nella testa. E questo ci fa pensare in prospettiva futura. Poi le scusanti, gli alibi che ripetiamo da mesi, certo esistono, ma la conferma di questo andazzo più che a sognare porta ad accontentarsi di un posto in alto fuori dai play off. E ciò preoccupa più dei separati in casa.
Federico Sciurpa

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