Valenti: "Io un'idea per Arezzo ce l'ho"

Oddio, riecco Valenti. Si inserisce nel dibattito sulle politiche culturali aretine, fa qualche passaggio indietro e come sempre vola in alto immaginandosi il futuro. Non è colpa dell’arietta fine dell’Austria dove è in vacanza con la famiglia, è la natura del personaggio. Un ex Dp da diciottenne, editore da zero di Piazza Grande, Arezzo Wave, direttore artistico di Arezzo Wave, oggi Italia Wave, che 23 anni fa dal niente, sbaragliò Umbria Wave (si chiamava Rock in Umbria) con l’occhiolino di una parte del centrosinistra avveniristico aretino, lo stesso (ma le persone cambiano) che tre anni fa ne decretò poi la fine (trasferimento a Firenze, poi a Livorno) una volta tornato a guidare la città dopo sette anni di centrodestra.
Da dove cominciamo?
“Dal fatto che sono una persona libera. Non sto nè con quelli, nè con quegli altri. Faccio cultura, concretizzo progetti. Certo ho le mie idee.”
Dopo tre anni di fuga forzata da Arezzo si è innescato un dibattito sull’inadeguatezza di Play Art.
”Beh, ci sono voluti tre anni. Ma solo perché i tempi evidentemente non erano maturi. Il tempo scorre, mancano anche 19-20 mesi alle elezioni e credo che questo dibattito sulla cultura, come per altre cose, avrà sempre più interesse per i politici. Intendo dire che ci sono delle scadenze, ogni persona rappresenta un gruppo, ogni gruppo porta potenziali elettori. Quindi i movimenti saranno molto interessanti in funzione del calendario.”
Insomma, solo ora si farà più attenzione prima di liquidare certi patrimoni come Arezzo Wave?
“Ormai non siamo più davanti ad atteggiamenti della serie siamo noi, siamo qui e si fa quello che ci pare perché abbiamo di fronte l'oceano. Ad esempio noi con Arezzo Wave abbiamo chiesto varie volte un incontro pubblico a tutti i vari interlocutori per capire, spiegare e non c'è stata mai la possibilità di spiegare perché siamo andati via da Arezzo. Solo battute, affermazione univoche. Il tempo è galantuomo, finalmente. E i conti tornano. Dopo tre anni.”
Siete andati via perché? L’edizione del 2006 fu una delle più valide, era tornata da due mesi l’amministrazione di centrosinistra e di aspettative ne avevate. “Siamo andati via per non essere schiavi. Lo dico qui e quando ci sarà la possibilità di avere un dibattito pubblico lo spiegherò con forza. Siamo andati via perché trattati come schiavi ai quali doveva andare bene tutto, senno ci si bastonava. Noi abbiano detto no, basta così, arrivederci. Non siamo come quelli nuovi arrivati pensando di sostituire Arezzo Wave, disponibili perfino ad essere giuria del karaoke quando Comune e Provincia organizzano insieme raccolta fondi per il terremoto, un fine certo nobilissimo. I due organizzatori del grandissimo Play Art sono venuti ad Arezzo per dare il voto a chi cantava meglio fra la Dori, De Robertis, la Ricci ecc. Noi siamo liberi e siamo andati via con un grande dolore affettivo.”
E come vi trovate?
“A Firenze fu un grandissimo successo, un festival megagalattico con tutta una serie di valori e poi ora a Livorno abbiamo trovato la nostra dimensione umana e andiamo avanti. Osserviamo Arezzo e in questi tre anni, tutti si rendono conto che non siamo andati via noi e basta.”
Cioè, chi è andato via?
“Ad esempio è andato via anche lo stadio. Che fine ha fatto la Maratona? E' da tre anni che è inagibile. Si vuol fare un grande evento ad Arezzo, un concerto? E dove? Se uno volesse venire ad Arezzo ad organizzare un grande evento ha bisogno di spazi non di tre o quattro camere come per questo Play Art?”
Capiamo l’immagine, ma a quale camere si riferisce?
“Pensate all'ostello. Non c'è più. E’ venuto via Arezzo Wave e non c'è più l'ostello. Questione teatro. Lo fecero riaprire il Petrarca per questo fantastico Play Art, l'anno scorso; il teatro non c'è più. Lavori fermi. Intendo dire che Non c'è più ad Arezzo una serie di spazi e questa è una cosa che mi stranisce.”
Veniamo al progetto di un nuovo festival che migliori Play Art, alle politiche culturali in genere. Cosa pensa?
“Cosa volete che dica di fronte a 16mila euro per una web radio inventata, a 40mila euro spese per fare i contest di gruppi locali. Io dico che adesso bisognerebbe stare attenti a non accontentarsi degli eventuali brandelli dell'eredità del morto. Interroghiamoci su qualche cosa di più grande.”
Si chiama dentro quindi, a questi gruppi che chiedono spazio e dignità a gran voce.
“Questa battaglia non è la mia battaglia, ma questi ragazzi io li vedo con grande simpatia. Sono aretino. Se mi si chiede ciò che penso dico che al di là del festival che verrà a mancare, va affrontato un ragionamento alla stregua di quando noi nel 2006 pensavamo che con questa giunta ci fosse un cambio culturale. Allora credevamo a strategie di comunicazione a un progetto culturale, in una parola a un distretto culturale.”
Aprile 2006, una sorta di laboratorio che si chiamava Wave Party con quasi cento associazioni dentro per un mese, un progetto presentato in Regione, quello dice?
“Dico che servono strategie che rimettano la cultura al centro dell'economia aretina. Prendemmo il Supercinema per un mese: musica, mostre, musei, teatri ecc. Questo perché ci sono da riposizionare tante cose ad Arezzo e noi non ci possiamo tirare indietro. Come abbiamo fatto con il Wave Party penso che ci divertirà molto muoverci, anche a noi.”
Insomma, nel caso, lei c’è. Anche senza Arezzo Wave.
“Mi stimola impegnarmi in prima persona. Però mando un messaggio chiaro: non buttatevi troppo sull'eredità del morto ma pensate a fare qualche cosa di vivo. Apriamo un dibattito. L'opposizione certo manca, qualcuno di quella parte e con molti ho avuto ottimi rapporti amministrativi, diceva che quando sente parlare di cultura mi viene da prendere una pistola, ma erano cattivoni. Le idee certo sono tante e la vita è bella perché ogni giorno ti dà sensazione diverse: l'importante è dare un senso a una cultura che ad Arezzo è in apnea. Rimettiamola al centro. Noi non ci tiriamo indietro.”
Di chi la colpa?
“C'è gente che guida politiche giovanili e culturali dalla quale non ci si può aspettare un volo tranquillo, bisognerebbe cambiare pilota.”
Nel frattempo?
“Noi siamo soggetti dinamici, attivi, siamo tanti, facciamo informazione, radio, mille cose. Mi fa piacere che le associazioni si muovano perché questa città ci sta a cuore. Chi si è mosso che continui a muoversi, a darsi da fare perché questo aereo deve volare alto. Come Arezzo merita”
Federico Sciurpa

2 commenti:

  1. Il Valenti è sempre un grande. Ha sempre detto e continua a dire cose semplici ma estremamente efficaci e soprattutto vere.
    Arezzo non è una città che può permettersi di gettare via in pochi giorni, per la presunzione e l'arroganza di qualche assessore, un patrimonio costruito in venti anni. Perdere Mauro Valenti e acquistare questi signori è stato un enorme danno per Arezzo e per la cultura in genere.
    La Cultura si fa con idee fresche, originali, non con patetiche e imbarazzanti imitazioni. Arezzo Wave era ed è un figlio che gli aretini, giovani e meno giovani hanno visto crescere, spesso criticandolo, così come si critica un figlio che abbiamo a cuore. Arezzo Wave era un'atmosfera anche lontana dallo stadio, erano i colori di gente mai vista. Arezzo Wave era un tamburo che in lontananza accompagnava la tua calda giornata di luglio, era una maglietta da indossare orgogliosamente in giro per il mondo. Arezzo Wave era l'inizio dell'estate... Sono sicuro che presto torneremo a saltare sotto gli omini di Pablo Echaurren.
    Forza Mauro e grazie.

    Maurizio

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