Arezzo Wave perché è giusto riparlarne

Si è parlato moltissimo anche questa settimana di politiche culturali e di Arezzo Wave. In parte è successo perché tanti sono tornati dalle ferie, altri hanno capito che starsene rintanati non funziona più, altri ancora pensano che è il momento dirsele in faccia senza tattiche bambinesche: tutti comunque credono che questa città necessiti di una iniziativa di respiro internazionale. Quello che per venti anni è stato Arezzo Wave. Così i soggetti culturali aretini hanno formato una associazione per tornare protagonisti dopo il Play che è rimasto una autentica incompiuta: hanno un bel sito (quello di Neo-On), danno vita a gruppi di lavoro, hanno ottenuto il riconoscimento dell’amministrazione comunale e a settembre ci sarà un confronto. Anche il nuovo presidente della Provincia Roberto Vasai ha dichiarato in una intervista al Corriere di stare con i ragazzi delle associazioni. Alfio Nicotra di Rifondazione, uno che almeno con la testa non va in ferie perché è arrivato Ferragosto, sostiene di non essersi mai rassegnato all’idea di perdere Arezzo Wave: un vuoto che non è stato colmato e che quindi è giusto promuovere (e lo farà) degli incontri.Un pensiero, quello del comunista, molto lucido invece che nostalgico. Questa città si porta infatti dietro (diciamo noi) un peccato originale sul piano delle politiche culturali, che nessuno mai - nemmeno il tempo, è provato - potrà cancellare: la perdita di un festival internazionale (Arezzo Wave) che aveva il marchio della città. Responsabilità, pure questo è provato, che non valeva la pena prendersi per mettere su un sostituto brutta copia del titolare. Da qui il fermento dei ragazzi dei tanti festival che continuano a raccattare le briciole sotto le scrivanie degli assessorati (gran parte delle risorse sono assorbite dal Play) per ottenere oblio a fronte di un prodotto eccellente, per di più made in Arezzo. Sanno bene, hanno capito, i ragazzi, che qui non c’è posto per tutti. Una volta andato via Arezzo Wave è peggiorata non solo la musica, ma anche la loro condizione, i sogni legittimi di fare cultura in maniera visibile, originale. Insomma è arrivato il momento di parlare chiaro e di stringere una soluzione. La prima strada da battere è confrontarsi con Valenti (e Valenti dovrà essere disponibile) per capire se esistano le condizioni per riportare in città Arezzo Wave. A distanza di tre anni non tengono più gli argomenti dei punizionisti di sempre, motivazioni tutte borderline, rispetto a una manifestazione che anche quest’anno ha mosso (parliamo di Italia Wave) 60mila persone in quattro giorni: la dolorosa perdita di un ragazzo al campeggio per overdose nel 2006, i filmati in tv che mostrano lo smercio di droga sempre al campeggio, e la balla che Valenti è andato via solo per la grana, proposito che bramava da tempo. Mettiamoci un po’ di buon senso, trasparenza e volontà per ricostruire. Senza bluffare. I ragazzi dei Festival si sentiranno dire da politici e amministratori che ammaestrano, che sono belli, bravi e intelligenti, ma poi finiranno per concedergli i soliti cinque posti in piccionaia e buona notte ai suonatori. Stavolta però il partito della cultura, a un anno e poco più dalle elezioni, ha qualche carta in più, dignità e valore compresi. Nessuno bari, sono capaci di far saltare il banco.
Federico Sciurpa

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