Ciao Giulio, il gusto del giornale fino in fondo

Per tutti noi della vecchia guardia era Il Direttore. Ha fondato il Corriere di Arezzo nel 1985 dopo aver creato Repubblica e Corriere dell’Umbria e aveva accettato la proposta di collaborare col suo giornale, questo, appena due settimane fa; per la rubrica della domenica aveva scelto lui il titolo: “La città dell’oro la voglio chiamare.” Nel primo fondo aveva ricordato quella “squadretta diventata grande”, il perché di un giornale locale ad Arezzo e la sua ascesa.
E’ giusto attaccare così per ricordarlo, ma Giulio Mastroianni che se ne è andato ad altra vita a 66 anni, ce lo sentiamo sempre con gli occhi dietro le nostre spalle e comunque sempre dentro l’anima: “Bene, la notizia l’hai data, adesso Federì passa ad altro” avrebbe detto a questo punto dell’articolo. Giusto. Il Direttore è stato infatti un maestro di come si fonda un giornale, come si avvia, si gestisce e – nello stesso tempo – si vive per intero: senza mai rinunciare a dire ciò che si pensa. In una parola comandare uomini, far quadrare i bilanci e allo stesso tempo scrivere con incisività. E’ passato velocemente Giulio Mastroianni da noi - perché poi per lunghi anni si è dedicato ad altri gruppi – ma il suo tratto resterà a lungo. Almeno in chi crede in questo lavoro. A quelli convinti che questa professione sia sì cambiata, ma che in fondo sia sempre rimasta fedele a se stessa: una passione da vivere a tutto tondo, senza risparmio; con gusto, classe, entusiasmo e rettitudine.
Il Direttore (chi scrive non è stato mai capace di chiamarlo Giulio) ne aveva. E’ stato tutto questo fino all’ultimo giorno della sua esistenza.
Ne siamo amari testimoni. Il 21 giugno mi chiama al cellulare (“Ogni tanto, con parsimonia, si può parlare in prima persona”, insegnava) dopo il pezzo inviato per il Corriere di Arezzo.
“Allora – dice col tono ancora del direttore - mandami a casa gli ultimi sette numeri del Corriere, poi fra una settimana quando mi rimetto in piedi vengo ad Arezzo, primi di luglio; ci sono sempre quei ristorantini, dopo il lavoro andiamo, vero Federico?!”
Questo era Mastroianni, un grande. Il giornale vissuto con gusto, come vita. Gli dissi che sarei passato io a prenderlo, ero troppo onorato della sua visita ad Arezzo, alla redazione. Era una questione professionale e personale allo stesso tempo. Mi aveva accettato come sconosciuto collaboratore minorenne tantissimi anni fa sfidando anche la legge, firma in bella vista: “Basta saperci andare sul giornale – diceva – poi si cresce” e quindi gli dovevo la passeggiata adesso che della redazione da lui fondata ne ero il responsabile. “Sei tu ora il mio direttore – sentenziava in un’altra telefonata – quando arriva il mio pezzo correggilo come vuoi. Ah, metti sempre le testatine nei comprensori” si raccomandava.
Era entusiasta di tornare ad Arezzo dove si era fermato in maniera significativa a un certo punto della sua vita. Questo stregava. Sembrava dovesse essere lui a ricominciare da zero, ad inserirsi in una nuova squadra con la vecchia maglia, i colori del cuore. Ecco perché nel ricordare il Direttore, non c’entra solo la riconoscenza morale – pure enorme - di esistere. Mastroianni era il gusto del giornale, la classe, il piacere di viverla fin quando ce n’è, sudando con onestà. Ci proveremo da soli, adesso che quei sette numeri hanno cambiato postino. L’indirizzo mai.
Grazie Giulio.
Federico Sciurpa

Nessun commento:

Posta un commento