Cuori impavidi e ombre storiche


Ricordati di osare sempre. Una celebre citazione per la domenica più difficile di un uomo, un allenatore, che in una partita si gioca una carriera. E’ l’allenatore dell’Arezzo, si chiama Leonardo Semplici, ha 42 anni e in carriera sua ha vinto quattro campionati. Un emergente, li chiamano così. Oggi se a Foligno non fa tre punti viene mandato via e l’Arezzo cambierà timoniere, Franco Colomba il probabile nuovo. Rapporti incrinati, devastati, col direttore sportivo Ceravolo (“Non gli è piaciuta la nostra prestazione? Vorrà dire che porterà i fazzolettini per asciugarsi le lacrime” aveva detto domenica riferito al diesse), il presidente Mancini che chiede successo (fuori gli amaranto mai hanno vinto in questa stagione) e una prestazione convincente: per l’esordiente tecnico del Cavallino è davvero un giorno lunghissimo. Eppure una citazione può salvarlo e rimettere in piedi le sorti di un campionato che altrimenti giocando come fin qui ha fatto, lo porterebbe a chiudere a metà classifica: osare.
Il cuore impavido per una prestazione che metta in sana crisi presidente e diesse. Una partita d’attacco, da cicala (con cinque difensori già 5 a 1 ha perso l’Arezzo quindici giorni fa) per dimostrare coraggio e personalità e a quel punto – per paradosso - una mancata vittoria invece che condannare Semplici potrebbe finire per promuoverlo. Poi chissà. Stasera ne discuteremo ancora, mentre per tutta la settimana si è parlato di un tema storico, culturale e sociale: la targa al legionario Ceccherelli, caduto in Spagna, posta nell’atrio del liceo classico. Fra un mese cittadini spagnoli e italiani presenteranno ad Arezzo una petizione per rimuovere quella dedica a un aviatore fascista, morto dalla parte di Franco. Uno che in Spagna considerano un aggressore. Il Corriere la vicenda l’ha presentata in tutte le sue sfaccettature e quello che comunque rimane è la superficialità, in tutti questi anni, di non aver operato e pensato di spiegare – con un pannello – la vicenda di questo alunno del liceo morto per il suo ideale (che non stiamo a discutere), al quale il regime attribuì la medaglia d’oro e quella lapide appunto all’entrata del Petrarca (posta nel 1942). Una storia che generazioni di aretini passati per quei banchi, mai hanno conosciuto. Ora la vicenda ha assunto contorni internazionali e verrà alla luce con forza e pure con polemiche. I movimenti spagnoli non accettano soluzione pasticciate, di compromesso e il Comune da parte sua si è già espresso quando i consiglieri Tulli e Paolucci posero la questione in consiglio comunale nel gennaio scorso: le lapidi raccontano la storia, disse il sindaco Fanfani, e non si possono rimuovere. Vedremo. Di questione sul piatto ne resta un’altra. Una questione di giustizia e legata a quest’ultima vicenda. Arezzo ha avuto l’onore di contare fra i suoi cittadini Camillo Berneri. E’ stato l’anarchico più espulso di Europa, ha partecipato alla guerra di Spagna dalla parte opposta a quella di Ceccherelli ed è morto, ammazzato anche lui. Non dai fascisti, ma dai comunisti amici, dai sicari di Stalin. Berneri ha fatto il liceo classico come Ceccherelli, ha abitato in una traversa del Corso, ha insegnato a Cortona, è stato giornalista e scrittore, una mente libera, libertaria, una intelligenza eclettica. Berneri è nell’oblio e a nulla fin qui è servito un comitato di intellettuali e gente della strada che ne chiede a Fanfani e alla sua amministrazione un ricordo tangibile con una via, una lapide ecc., a nulla è servito un gruppo su face book con centinaia di adesioni e un convegno di due giorni sul pensiero e l’azione dell’anarchico che si è svolto ad Arezzo. Ombre di storia, misteri di chi manovra, qualche presa per il naso (o peggio ignoranza) ai cittadini e agli studenti che non sanno. L’ideologia, per favore, lasciamola fuori: qui proprio nulla c’entra.
Federico Sciurpa

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